La tragedia del Golgota secondo Othmar Winkler
- Sara Trevisan
- Nov 1, 2016
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Non è facile affrontare la Tragedia della Morte di Gesù Cristo senza scadere nella banalità dei contenuti o nell'umile servilismo nei confronti della Chiesa. Non lo è oggi, nonostante l'emancipazione artistica e la discreta libertà d'espressione nelle telecomunicazioni, a maggior ragione non lo era settant'anni fa, quando il perbenismo e l'ignoranza dovevano ancora essere scalfite dalle avanguardie nei diversi ambiti della filosofia, dell'arte e della letteratura. Tra coloro che all'epoca ebbero l'ardire di cimentarsi con la materia sacra troviamo l'illustre esempio di Othmar Winkler, maestro scultore altoatesino, erede prediletto di Accademie d'eccezione come quelle di Roma, Vienna e Berlino.
Da circa un mese, al Museo Diocesano Tridentino, è stata inaugurata la mostra intitolata 'Ascolto la Vita. Scolpisco ciò che sento', il carissimo tributo di Ivo Winkler alla memoria e al genio del padre, scomparso agli albori del Ventunesimo Secolo. La mostra presenta l'ultima e più famosa Via Crucis dell'artista, commissionata e voluta per la chiesa delle Suore di Maria Bambina in Trento.
Vi consiglio caldamente di andarla a vedere, con tutto il tempo di cui potete disporre. Non si tratta, infatti, di una Via Crucis qualsiasi, come quelle impolverate che potreste trovare nella solita chiesetta di paese, ma di un'opera unica al mondo, grande testimonianza del singolare incontro tra classicità italiana ed espressionismo d'oltralpe.
Come già in passato hanno rilevato personalità di spicco nell'ambiente culturale, quali lo storico d'arte Pietro Zampetti e il giornalista Marcello Camilucci, Winkler, negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, si era fatto interprete dello spirito critico dell'uomo moderno nei confronti dei dogmi cattolici che avevano sempre sorretto l'impalcatura del credo cristiano. L'uomo, mutilato ed inorridito dalle atrocità del suo tempo si era volto con sguardo accusatore nei confronti della casta ecclesiastica e aveva iniziato a porre domande scomode attraverso la voce degli intellettuali, chiedendo con forza le giustificazioni che la storia non ci avrebbe mai consegnato.
Winkler rispose nel modo che trovò più congeniale al suo carattere poco incline alla mediazione: scolpì su legno le 14 stazioni che raccontano l'ascesa di Cristo al Golgota, arricchite da un prologo e da un epilogo che volle aggiungere in via del tutto originale. Per trasmettere il suo messaggio eversivo, elaborò un complesso sistema di simboli nuovi ed antichi, ma di immediata comprensione, atti a confrontare i concetti della tradizione biblica e quelli del progresso tecnologico e sociale del '900. Ecco, quindi, che accanto alla corona di spine, alla croce e ai trenta denari fanno la loro comparsa le mani nerborute e i volti dei peccati capitali, le vetrate dei grattacieli e il vapore delle locomotive.
Ne è un esempio la IX Stazione, intitolata la 'Terza Caduta'. Nell'incisione è rappresentato il momento in cui Cristo cade per la terza volta; egli ha già percorso parte della strada che lo porterà ad immolarsi, crocifisso come un criminale e deriso dalle guardie. Il suo corpo martoriato e il suo spirito tradito soccombono sotto al peso della croce, ma essa stavolta è gravata anche dai peccati e dai vizi degli uomini di ogni tempo. Dalla terra emergono tre mani possenti che afferrano il legno e lo trascinano a terra, schiacciando il Cristo e tutto quello che rappresenta. Queste mani appartengono ai vizi capitali simboleggiati da tre volti, l'accidia, l'ira e l'invidia, accompagnati in pompa magna dal nemico per eccellenza Satana, e dal suo profeta, l'Anticristo, riconoscibile per il numero 666 apposto sulla fronte. Tutt'intorno a loro, in una cornice allegorica che getta un ponte sulla modernità, prendono posto le bocche dei mitra, i pinnacoli dei grattacieli e la locomotiva del treno a vapore. Essi manifestano la critica alla violenza distruttrice della guerra, che nei decenni precedenti aveva distrutto e piagato il mondo intero, alla tecnologia che le diviene ancella mettendo a disposizione le armi di distruzione di massa, e quindi al progresso, anch'esso tristemente sottomesso alla volontà dominatrice dell'uomo. Le sue conquiste, per quanto risultino rivoluzionarie nei diversi campi di appartenenza, non possono che originare sofferenza nel momento in cui si allontanino dal giudizio del l
oro vero ispiratore, Dio, e pretendano di essere un puro parto dell'uomo. L'abitante della nuova Babele dai palazzi di cemento armato è condannato all'errore nel momento in cui pretenda superbamente di trascendere il suo creatore.
Nessuno di noi può sfuggire al giudizio inquisitore di Winkler. L'assassinio di Cristo è un atto simbolico, compiuto storicamente in un'ora precisa, reiterato tuttavia in ogni epoca se considerato nel suo significato. Anche l'uomo moderno, anche lo stesso spettatore dell'opera, non sono esenti da colpe e decidono di commettere il crimine ogni qual volta cedano alla tentazione di prendersi una piccola concessione dinnanzi alla loro coscienza.
"Ogni generazione, da Adamo ed Eva, è attivamente partecipe della Passione di Cristo. E' su questa base che io creo la mia rappresentazione della Via Crucis." Othmar Winkler
Questo il messaggio di Winkler, un messaggio incisivo, duro, inflessibile, che suscitò lo sdegno nel suo committente e disapprovazione nelle sfere ecclesiastiche. Soltanto un uomo, all'epoca, si schierò con fermezza dalla parte dell'artista, avvertendo fino in fondo la grandezza dell'opera: Don Evro Inama. Sacerdote, ma prima ancora dottore in filologia italiana e germanica, laureato all'Università di Innsbruck, decifrò l'opera simbolica e la commentò, rendendole il riconoscimento che sarebbe giunto pubblicamente soltanto dopo la morte dello scultore per bocca dell'Arcivescovo di Trento, monsignor Bressan.
Negli ultimi decenni la critica ha finalmente riconosciuto il valore artistico di Winkler e ora possiamo ammirare le sue opere con sempre maggiore facilità.Perché dunque attendere oltre? La Via Crucis ci aspetta, con tutti i suoi segreti e la sua potenza espressiva, desiderosa di rivelarsi a colui che avrà il coraggio di guardare oltre la superficie.
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